domenica 17 novembre 2013

DISCORSO PER LA COMMEMORAZIONE DEI CADUTI DI TUTTE LE GUERRE E PER LA FESTA DELLE FORZE ARMATE
JELSI, DAVANTI AL MONUMENTO AI CADUTI, 3 NOVEMBRE 2013


Ci ritroviamo qui assieme per ricordare quello che in un tempo è stato. Ci ritroviamo davanti a pietre che segnano il tempo. I latini ci hanno insegnato che “ciò che è scritto rimane, quello che viene detto a parole vola via”, a ulteriore rafforzamento di questo ci hanno insegnato a scrivere le cose sulle pietre.
Questa davanti a noi è la nostra pietra della memoria, Il nostro obelisco, e sappiamo molto bene che pietre siffatte venivano erette nell’antico Egitto e quanto esse avessero un alto valore religioso. La parte più alta a forma di piramide, Il Benben, nella mitologia egizia, era la collina primigenia che emerse dall'oceano primordiale, sulla quale il dio creatore Atum generò se stesso e la prima coppia divina. Successivamente queste pietre, portate a Roma durante l’impero romano, con l’affermazione del cristianesimo furono sormontate da croci e la piramide sommitale è venuta a simboleggiare il Golgota.
Questi monumenti li troviamo nelle piazze più belle d’Italia e persino in Vaticano.
Quando i nostri padri dei padri, alla fine degli anni Trenta, eressero questo monumento, vollero chiaramente indicarci il valore delle nostre radici, tanto da arricchirlo, nella parte alta, con una stella.
La stella che fonde in sé la stella biblica annunciatrice di vita e la Stella d’Italia quale simbolo laico dal significato etico e ideale dell’unità di un popolo. Simbolo che contiene tutta la forza benefica delle genti che hanno abitato e abitano le nostre terre. E la tradizione toponomastica e letteraria confermano questo, dicendoci che la nostra Italia era chiamata dai popoli orientali Esperia, da Esperos o Stella Veneris, l’astro della dea dell’amore in quanto forza universale. È la stessa stella dei risorgimentali e dell’unità d’Italia, spesso chiamata in modo affettivo lo «stellone» che protegge l’Italia. Che, dal 1919 in poi, comincia ad assumere sempre più un significato assistenziale, protettivo o provvidenziale, confermato anche con la nascita della Repubblica italiana nel 1947 e che perdura fino ad oggi: “la buona stella”.
Questo excursus storico, etimologico e lessicale, deve chiarirci anche il senso del nostro ritrovarci in questo luogo oggi. Spesso molte cose di senso comune ci sfuggono, e spesso queste fanno la differenza. Non possiamo pensare alla nostra quotidianità ignorando quello che hanno fatto i nostri progenitori e perché. Sempre più, nella nostra società globalizzata viene a mancare quel concetto sacro di spazio, o meglio di territorio, siamo tutti del mondo, comunichiamo con persone che si trovano migliaia di chilometri lontano e forse dimentichiamo il vicino, chi sta sotto casa. Lo spazio dei rapporti è sempre più virtuale anziché reale e questo ci porta a dimenticare i confini delle terre per cui, ed entro le quali, è stata data la vita per migliorarne lo stato.
Ma tutto ciò sarebbe cosa trascurabile se giorno dopo giorno non scoprissimo sempre più che la terra è vittima di uno sfruttamento selvaggio e sulle terre d’Italia, arbitrariamente e malignamente, gli uomini spargono veleni spegnendo quella luce di vita, quella "stella dell’amore": quali sono i bambini. È di questi giorni la conferma della morte per tumore di un numero troppo alto di bimbi nella cosiddetta “terra dei fuochi” della Campania.
Spesso è la politica a dimenticare tutto ciò, la politica che dovrebbe essere la prima custode della terra e delle risorse che essa dà.
Ricordiamo che uno Stato è tale se esiste un popolo, una sovranità, ma soprattutto una terra.
Oggi siamo qui a ricordare la riappropriazione di quelle terre italiane riprese agli austriaci e che i nostri avi riconquistarono il 4 novembre 1918, giorno dell'armistizio che pose fine alle ostilità tra l'Italia e l’Impero austrungarico. In quel giorno si concluse, con la vittoriosa offensiva di Vittorio Veneto, una guerra sanguinosa, violenta, svolta con la lotta corpo a corpo, con l’assalto alla baionetta, in cui si lottava per la conquista di pochi metri di terra alla volta, con soldati interrati in trincee tra il freddo, il fango e le piogge delle Alpi. Una vittoria, frutto della dedizione, del sacrificio, dell'unità del popolo italiano, ma soprattutto il risultato di un grande scontro in cui parteciparono intere generazioni di Italiani di ogni rango di ogni classe sociale. O si attaccava il nemico o si era traditori, o si sparava contro il nemico o si veniva uccisi dal fuoco di retroguardia.
Una vittoria che costò la vita a 689.000 italiani mentre 1.050.000 furono i mutilati e i feriti.
Una guerra che veniva ricordata dai nostri bisnonni, più che per gli ideali, per il coraggio, per l’odore acre dei compagni morti al proprio fianco, per il senso di annullamento e di violenza dati dallo spettacolo delle acque diventate rosse di sangue nella battaglia sul fiume Piave e dalle cataste di corpi senza vita lungo le trincee. Una realtà che nemmeno un evento catastrofico come il terremoto è in grado di creare.
Un senso di morte e di sfinimento che solo la capacità di un grande poeta come Ungaretti è riuscito a darci attraverso immagini fulminee e drammatiche, soprattutto quando scrive dal fronte queste parole:
Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie
e poi:
Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita

E ancora:
Di queste case
Non è rimasto
Che qualche
Brandello di muro
Di tanti
Che mi corrispondevano
Non è rimasto
Neppure tanto
Ma nel cuore
Nessuna croce manca
E’ il mio cuore
Il paese più straziato
Una guerra che mise in ginocchio l’intera società italiana e che portò ad una crisi economica e alla instabilità politica europea degli anni successivi e alla seconda guerra mondiale.
Con il secondo evento bellico mondiale si è consumata la barbarie più infame: è stato introdotto, con la bomba atomica, il potenziale annullamento del genere umano, ma ancor di più l’annullamento, razionale e giustificato da false teorie scientifiche, di milioni di uomini nei lager nazisti. A monito di chi verrà dopo di noi, è bene ricordare il numero impressionante di persone scomparse in questa guerra:

Stato
Abitanti (1939)
Vittime Militari
Vittime Civili
Vittime Totali
1 100 000
28 000
28 000
7 000 000
39 366
735
40 119
8 400 000
12 000
76 000
88 000
17 500 000
60 000
60 000
41 500 000
493
493
6 300 000
22 000
22 000
11 600 000
39 300
39 300
15 300 000
30 000
340 000
370 000
530 000 000
4 100 000
15 500 000
19 600 000
23 400 000
378 000
378 000
3 800 000
4 100
4 100
1 100 000
40 000
40 000
14 100 000
5 000
200 000
205 000
16 400 000
42 000
119 000
161 000
3 700 000
91 000
2 000
93 000
41 700 000
210 000
350 000
560 000
78 000 000
5 318 000
2 100 000
7 418 000
78 000 000
1 930 000
700 000
2 630 000
7 200 000
20 000
280 000
300 000
345 000 000
36 100
1 500 000
1 536 100
24 600 000
2 000
485 000
487 000
70 500 000
400 000
400 000
3 700 000
1 000
1 000
1 900 000
57 000
57 000
43 800 000
313 000
130 000
443 000
15 400 000
300 000
900 000
1 100 000
2 000 000
220 000
220 000
2 500 000
345 000
345 000
300 000
4 000
4 000
5 500 000
83 000
83 000
300 000
2 000
2 000
700 000
300
300
1 600 000
12 200
12 200
2 900 000
3 000
7 000
10 000
8 700 000
12 000
200 000
212 000
34 800 000
123 000
5 500 000
5 623 000
47 800 000
272 000
93 500
365 500
19 900 000
317 000
450 000
767 000
700 000
200 000
200 000
25 500 000
4 000
4 000
10 300 000
6 841
6 841
15 300 000
5 647
310
5 957
2 781 000
1700
450
2150
9 200 000
300 000
280 000
580 000
168 500 000
10 400 000
12 600 000
23 000 000
132 000 000
405 000
8 000
413 000
Totale
1 899 500 000
22 564 947
48 525 113
71 090 060
 fonte wikipedia
Si parla di 5,1 milioni di vittime ebraiche e circa 1,5 milioni avevano meno di quattordici anni.
Abbiamo oggi con noi il maestro Antonio D’AMICO, reduce della seconda guerra, e qui tra noi fino allo scorso anno avevamo altri reduci. Sono coloro che hanno visto, vissuto e che hanno testimoniato con la loro presenza. Ogni anno accanto a queste pietre sono rimasti a testimoniare, a indicare ciò che è stato. Queste pietre nel loro silenzio raccontano dei pianti delle mamme, delle lacrime versate dalle mogli, parlano di nomi, delle giovani vite, delle grandi aspirazioni troncate di chi ha dato la propria vita per difendere quella stella che in alto fa da guida.
I reduci così hanno portato il segno dei sopravvissuti e hanno rafforzato lo spirito di un credo che ci spinge ad accettare il cammino verso quell’amore che non possiamo negare.
Noi oggi ne raccogliamo il testimone per consegnarlo alle future generazioni. Quelle che hanno bisogno di esempi, per cui prepariamo un mondo più umano, a cui abbiamo donato la vita, alle quali auguriamo di seguire lungo la strada del bene la Stella d’Italia.  
Questa data, quindi, ci obbliga moralmente, a noi scampati da tanto orrore, a tornare alla memoria dei tanti caduti, ai sacrifici, alla gloria e alla vittoria.
È occasione di meditazione sia sulle guerre del passato sia su quelle di oggi.
Le guerre attive in cui sono coinvolti gli stati sono 60; mentre le guerre in cui sono coinvolti le milizie, i guerriglieri e i gruppi separatisti sono 461.

Quanta violenza e distruzione tra popoli e gruppi di potere leggiamo sui mezzi d’informazione.
Quante armi e mezzi di distruzione vediamo all’opera nel mondo, e in tutto ciò quale ruolo hanno le Forze armate di cui oggi qui ne festeggiamo l’annuale ricorrenza.
In una democrazia come la nostra, non ci sarebbe bisogno di armarsi, perché in un mondo siffatto le guerre sono vuote di senso ancora più del passato.
E le democrazie, che siano tali davvero, non pensano alla guerra e la nostra costituzione, con assoluta chiarezza, ''ripudia la guerra''; le forze armate oggi hanno, quindi,  compiti ben più alti e più degni, poiché sono presidio di protezione, di difesa delle istituzioni, sono forte presenza di pace. Lo sono anche quando vengono chiamate a missioni in cui gli equilibri di civiltà sono precari, immolandosi per il bene del nostro mondo civile, che nonostante faccia fatica a rispettare le regole di civiltà, riesce ancora a salvaguardare quelle libertà conquistate col sangue e con le rivoluzioni.
È inaccettabile che si uccida chi, disarmato, porta viveri o farmaci per coloro che non hanno nulla da mangiare, né per curarsi ferite e malattie; purtroppo l’uomo malvagio, portatore di violenza e aggressioni, gli speculatori pronti a rifornire di armi i dittatori dediti alla distruzione, pronti a vendere la propria terra per perseguire interessi delittuosi, sono duri a morire.
Quindi, nella festa delle Forze armate, l’augurio è che ognuno di noi faccia proprio il ricordo delle sofferenze e delle glorie che queste persone hanno avuto nel corso del tempo e il grande compito che svolgono per la difesa della nostra Italia. Diciamo così grazie ai rappresentanti delle Forze armate presenti a Jelsi, a nome di tutto il paese,  del quale loro sono parte viva.
Grazie per la vostra presenza e per la vostra opera, per il vostro esempio.
Un grazie va anche al parroco.
E' il grazie della terra dei padri, e perciò è il grazie dell'Italia!
Viva l’Italia!

  Comune di Jelsi