DISCORSO PER
LA COMMEMORAZIONE DEI CADUTI DI TUTTE LE GUERRE E PER LA FESTA DELLE FORZE
ARMATE
JELSI,
DAVANTI AL MONUMENTO AI CADUTI, 3 NOVEMBRE 2013
Ci
ritroviamo qui assieme per ricordare quello che in un tempo è stato. Ci
ritroviamo davanti a pietre che segnano il tempo. I latini ci hanno insegnato
che “ciò che è scritto rimane, quello che viene detto a parole vola via”, a
ulteriore rafforzamento di questo ci hanno insegnato a scrivere le cose sulle
pietre.
Questa davanti
a noi è la nostra pietra della memoria, Il nostro obelisco, e sappiamo molto
bene che pietre siffatte venivano erette nell’antico Egitto e quanto esse
avessero un alto valore religioso. La parte più alta a forma di piramide, Il
Benben, nella mitologia egizia, era la collina primigenia che emerse
dall'oceano primordiale, sulla quale il dio creatore Atum generò se stesso e la
prima coppia divina. Successivamente queste pietre, portate a Roma durante
l’impero romano, con l’affermazione del cristianesimo furono sormontate da croci
e la piramide sommitale è venuta a simboleggiare il Golgota.
Questi
monumenti li troviamo nelle piazze più belle d’Italia e persino in Vaticano.
Quando i
nostri padri dei padri, alla fine degli anni Trenta, eressero questo monumento,
vollero chiaramente indicarci il valore delle nostre radici, tanto da arricchirlo,
nella parte alta, con una stella.
La stella che
fonde in sé la stella biblica annunciatrice di vita e la Stella d’Italia quale
simbolo laico dal significato etico e ideale dell’unità di un popolo. Simbolo che
contiene tutta la forza benefica delle genti che hanno abitato e abitano le
nostre terre. E la tradizione toponomastica e letteraria confermano questo,
dicendoci che la nostra Italia era chiamata dai popoli orientali Esperia, da
Esperos o Stella Veneris, l’astro della dea dell’amore in quanto forza
universale. È la stessa stella dei risorgimentali e dell’unità d’Italia, spesso
chiamata in modo affettivo lo «stellone» che protegge l’Italia. Che, dal 1919
in poi, comincia ad assumere sempre più un significato assistenziale,
protettivo o provvidenziale, confermato anche con la nascita della Repubblica
italiana nel 1947 e che perdura fino ad oggi: “la buona stella”.
Questo
excursus storico, etimologico e lessicale, deve chiarirci anche il senso del
nostro ritrovarci in questo luogo oggi. Spesso molte cose di senso comune ci sfuggono,
e spesso queste fanno la differenza. Non possiamo pensare alla nostra
quotidianità ignorando quello che hanno fatto i nostri progenitori e perché. Sempre
più, nella nostra società globalizzata viene a mancare quel concetto sacro di
spazio, o meglio di territorio, siamo tutti del mondo, comunichiamo con persone
che si trovano migliaia di chilometri lontano e forse dimentichiamo il vicino,
chi sta sotto casa. Lo spazio dei rapporti è sempre più virtuale anziché reale
e questo ci porta a dimenticare i confini delle terre per cui, ed entro le
quali, è stata data la vita per migliorarne lo stato.
Ma tutto ciò
sarebbe cosa trascurabile se giorno dopo giorno non scoprissimo sempre più che
la terra è vittima di uno sfruttamento selvaggio e sulle terre d’Italia,
arbitrariamente e malignamente, gli uomini spargono veleni spegnendo quella
luce di vita, quella "stella dell’amore": quali sono i bambini. È di questi
giorni la conferma della morte per tumore di un numero troppo alto di bimbi
nella cosiddetta “terra dei fuochi” della Campania.
Spesso è la
politica a dimenticare tutto ciò, la politica che dovrebbe essere la prima custode
della terra e delle risorse che essa dà.
Ricordiamo
che uno Stato è tale se esiste un popolo, una sovranità, ma soprattutto una terra.
Oggi siamo
qui a ricordare la riappropriazione di quelle terre italiane riprese agli
austriaci e che i nostri avi riconquistarono il 4 novembre 1918, giorno dell'armistizio
che pose fine alle ostilità tra l'Italia e l’Impero austrungarico. In quel
giorno si concluse, con la vittoriosa offensiva di Vittorio Veneto, una
guerra sanguinosa, violenta, svolta con la lotta corpo a corpo, con l’assalto
alla baionetta, in cui si lottava per la conquista di pochi metri di terra alla
volta, con soldati interrati in trincee tra il freddo, il fango e le piogge
delle Alpi. Una vittoria, frutto della dedizione, del sacrificio, dell'unità
del popolo italiano, ma soprattutto il risultato di un grande scontro in cui
parteciparono intere generazioni di Italiani di ogni rango di ogni classe
sociale. O si attaccava il nemico o si era traditori, o si sparava contro il
nemico o si veniva uccisi dal fuoco di retroguardia.
Una vittoria
che costò la vita a 689.000 italiani mentre 1.050.000 furono i mutilati e i
feriti.
Una guerra
che veniva ricordata dai nostri bisnonni, più che per gli ideali, per il
coraggio, per l’odore acre dei compagni morti al proprio fianco, per il senso
di annullamento e di violenza dati dallo spettacolo delle acque diventate rosse
di sangue nella battaglia sul fiume Piave e dalle cataste di corpi senza vita
lungo le trincee. Una realtà che nemmeno un evento catastrofico come il
terremoto è in grado di creare.
Un senso di
morte e di sfinimento che solo la capacità di un grande poeta come Ungaretti è
riuscito a darci attraverso immagini fulminee e drammatiche, soprattutto quando
scrive dal fronte queste parole:
Si
sta come
d'autunno
sugli
alberi
le
foglie
e poi:
Un’intera
nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore
Non
sono mai stato
tanto
attaccato alla vita
attaccato alla vita
E ancora:
Di
queste case
Non
è rimasto
Che
qualche
Brandello
di muro
Di
tanti
Che
mi corrispondevano
Non
è rimasto
Neppure
tanto
Ma
nel cuore
Nessuna
croce manca
E’
il mio cuore
Il
paese più straziato
Una guerra
che mise in ginocchio l’intera società italiana e che portò ad una crisi
economica e alla instabilità politica europea degli anni successivi e alla
seconda guerra mondiale.
Con il secondo
evento bellico mondiale si è consumata la barbarie più infame: è stato
introdotto, con la bomba atomica, il potenziale annullamento del genere umano,
ma ancor di più l’annullamento, razionale e giustificato da false teorie
scientifiche, di milioni di uomini nei lager nazisti. A monito di chi verrà
dopo di noi, è bene ricordare il numero impressionante di persone scomparse in
questa guerra:
Stato
|
Abitanti (1939)
|
Vittime Militari
|
Vittime Civili
|
Vittime Totali
|
1 100 000
|
28 000
|
28 000
|
||
7 000 000
|
39 366
|
735
|
40 119
|
|
8 400 000
|
12 000
|
76 000
|
88 000
|
|
17 500 000
|
60 000
|
60 000
|
||
41 500 000
|
493
|
493
|
||
6 300 000
|
22 000
|
22 000
|
||
11 600 000
|
39 300
|
39 300
|
||
15 300 000
|
30 000
|
340 000
|
370 000
|
|
530 000 000
|
4 100 000
|
15 500 000
|
19 600 000
|
|
23 400 000
|
378 000
|
378 000
|
||
3 800 000
|
4 100
|
4 100
|
||
1 100 000
|
40 000
|
40 000
|
||
14 100 000
|
5 000
|
200 000
|
205 000
|
|
16 400 000
|
42 000
|
119 000
|
161 000
|
|
3 700 000
|
91 000
|
2 000
|
93 000
|
|
41 700 000
|
210 000
|
350 000
|
560 000
|
|
78 000 000
|
5 318 000
|
2 100 000
|
7 418 000
|
|
78 000 000
|
1 930 000
|
700 000
|
2
630 000
|
|
7 200 000
|
20 000
|
280 000
|
300 000
|
|
345 000 000
|
36 100
|
1 500 000
|
1 536 100
|
|
24 600 000
|
2 000
|
485 000
|
487 000
|
|
70 500 000
|
400 000
|
400 000
|
||
3 700 000
|
1 000
|
1 000
|
||
1 900 000
|
57 000
|
57 000
|
||
43 800 000
|
313 000
|
130 000
|
443 000
|
|
15 400 000
|
300 000
|
900 000
|
1 100 000
|
|
2 000 000
|
220 000
|
220 000
|
||
2 500 000
|
345 000
|
345 000
|
||
300 000
|
4 000
|
4 000
|
||
5 500 000
|
83 000
|
83 000
|
||
300 000
|
2 000
|
2 000
|
||
700 000
|
300
|
300
|
||
1 600 000
|
12 200
|
12 200
|
||
2 900 000
|
3 000
|
7 000
|
10 000
|
|
8 700 000
|
12 000
|
200 000
|
212 000
|
|
34 800 000
|
123 000
|
5 500 000
|
5 623 000
|
|
47 800 000
|
272 000
|
93 500
|
365 500
|
|
19 900 000
|
317 000
|
450 000
|
767 000
|
|
700 000
|
200 000
|
200 000
|
||
25 500 000
|
4 000
|
4 000
|
||
10 300 000
|
6 841
|
6 841
|
||
15 300 000
|
5 647
|
310
|
5 957
|
|
2 781 000
|
1700
|
450
|
2150
|
|
9 200 000
|
300 000
|
280 000
|
580 000
|
|
168 500 000
|
10 400 000
|
12 600 000
|
23 000 000
|
|
132 000 000
|
405 000
|
8 000
|
413 000
|
|
Totale
|
1 899 500 000
|
22 564 947
|
48 525 113
|
71 090 060
|
fonte wikipedia
Si parla di
5,1 milioni di vittime ebraiche e circa 1,5 milioni avevano meno di quattordici
anni.
Abbiamo oggi
con noi il maestro Antonio D’AMICO, reduce della seconda guerra, e qui tra noi fino
allo scorso anno avevamo altri reduci. Sono coloro che hanno visto, vissuto e
che hanno testimoniato con la loro presenza. Ogni anno accanto a queste pietre
sono rimasti a testimoniare, a indicare ciò che è stato. Queste pietre nel loro
silenzio raccontano dei pianti delle mamme, delle lacrime versate dalle mogli, parlano
di nomi, delle giovani vite, delle grandi aspirazioni troncate di chi ha dato
la propria vita per difendere quella stella che in alto fa da guida.
I reduci
così hanno portato il segno dei sopravvissuti e hanno rafforzato lo spirito di
un credo che ci spinge ad accettare il cammino verso quell’amore che non possiamo
negare.
Noi oggi ne
raccogliamo il testimone per consegnarlo alle future generazioni. Quelle che
hanno bisogno di esempi, per cui prepariamo un mondo più umano, a cui abbiamo
donato la vita, alle quali auguriamo di seguire lungo la strada del bene la
Stella d’Italia.
Questa data,
quindi, ci obbliga moralmente, a noi scampati da tanto orrore, a tornare alla
memoria dei tanti caduti, ai sacrifici, alla gloria e alla vittoria.
È occasione
di meditazione sia sulle guerre del passato sia su quelle di oggi.
Le guerre attive in cui
sono coinvolti gli stati sono 60; mentre le guerre in cui sono coinvolti le milizie,
i guerriglieri e i gruppi separatisti sono 461.
Quanta violenza e
distruzione tra popoli e gruppi di potere leggiamo sui mezzi d’informazione.
Quante armi e mezzi di
distruzione vediamo all’opera nel mondo, e in tutto ciò quale ruolo hanno le Forze armate di cui oggi qui ne festeggiamo l’annuale ricorrenza.
In una democrazia come la
nostra, non ci sarebbe bisogno di armarsi, perché in un mondo siffatto le
guerre sono vuote di senso ancora più del passato.
E le
democrazie, che siano tali davvero, non pensano alla guerra e la nostra
costituzione, con assoluta chiarezza, ''ripudia la guerra''; le forze armate oggi
hanno, quindi, compiti ben più alti e più
degni, poiché sono presidio di protezione, di difesa delle istituzioni, sono
forte presenza di pace. Lo sono anche quando vengono chiamate a missioni in cui
gli equilibri di civiltà sono precari, immolandosi per il bene del nostro mondo
civile, che nonostante faccia fatica a rispettare le regole di civiltà, riesce
ancora a salvaguardare quelle libertà conquistate col sangue e con le
rivoluzioni.
È
inaccettabile che si uccida chi, disarmato, porta viveri o farmaci per coloro
che non hanno nulla da mangiare, né per curarsi ferite e malattie; purtroppo
l’uomo malvagio, portatore di violenza e aggressioni, gli speculatori pronti a
rifornire di armi i dittatori dediti alla distruzione, pronti a vendere la
propria terra per perseguire interessi delittuosi, sono duri a morire.
Quindi, nella
festa delle Forze armate, l’augurio è che ognuno di noi faccia proprio il
ricordo delle sofferenze e delle glorie che queste persone hanno avuto nel corso del
tempo e il grande compito che svolgono per la difesa della nostra Italia. Diciamo
così grazie ai rappresentanti delle Forze armate presenti a Jelsi, a nome di
tutto il paese, del quale loro sono
parte viva.
Grazie per
la vostra presenza e per la vostra opera, per il vostro esempio.
Un grazie va
anche al parroco.
E' il grazie
della terra dei padri, e perciò è il grazie dell'Italia!
Viva l’Italia!
Comune di Jelsi
Nessun commento:
Posta un commento