lunedì 25 aprile 2016

Da: Viaggio dell'abate Longano per la Capitanata, di Francesco LONGANO, in Napoli, MDCCXC, presso Domenico SANGIACOMO


14. Vessazioni di Ministri Baronali.
Alla prima i tanti dritti proibitivi di molini, di trappeti comprati, o usurpati, le tante angarie, e parangarie per tal modo inquietano, e perturbano i campagnuoli , ch' essi avviliti vivano con somma molestia e noja. All'angustie di non poter estrarre l'oglio, valicare , o tingere i panni, macinarsi il grano, macerarsi il lino, vendere le sue derrate, tagliarsi un arbore, pascolare i proprj bestiami si aggiunge anche la molestia di tanti esecutori, sempre avidi , e sempre rapaci. In tale stato un povero colono consumato dalla fatica, tribolato dall'inedia, e da famiglia numerosa aggravato, quale risentimento può fare contra persone potenti nella Regia Udienza, e nella istessa Capitale ?

15. L' idea ignominiosa scioccamente attaccata a quest' arte anche ritarda il suo progresso.
Subito, che la somma potestà venne tra le mani di uno, o di molti rapprepresentanti, si venne a formare una classe di oziosi, la quale è riputata come un propugnacolo, ed una rocca del Trono. Da ciò nacque una quasi separazione de popolo, diviso in nobili, e in plebei. Arricchito il primo ceto collo spoglio de' plebei, cominciò a insolentirsi, e a riputare i campagnuoli tanti vili giumenti destinati a formare la loro opulenza, e a soddisfare ai loro smoderati desiderj. Di quì l'abbiezione della gente di campagna, e il suo massimo avvilinento. In oltre dopo, chè i Romani furono corrotti col lusso dell'Asia ebbero a vile l'esercitare più la vita campestre, l' abbandonarono in mano degli schiavi, per cui anche divenne ignominiosa, vile, ed abbietta. Né questo è tutto. Tosto che un giovinetto anche figlio d'aratore, o di cantiniere sia stato pochi mesi in Napoli, ritornato nel proprio Paese laureato in medicina, o in legge, o in altro, odia a morte la campagna co' tutti i campagnuoli, e gli infama co' nomi di Villani, di Cafoni, di Coppolini . Di qui è, che gli inimici più aspri sono i privileggiati poveri ed ignoranti; i predatori impuniti delle università, e de' luoghi pii, gli apostati della fatica rurale. (Pp. 123, 124, 125, 126)