venerdì 16 novembre 2018

4 novembre 2018 - Giornata dell'Unità nazionale, delle Forze armate e Commemorazione dei caduti di tutte le guerre





Buongiorno cittadini, autorità civili, militari e religiose. Oggi, 4 Novembre, celebriamo la Giornata dell’Unità d’Italia e delle Forze Armate. Questa è una COMMEMORAZIONE, dal latino Cum che significa insieme e memorare, ricordare. Per intenderci, richiamare alla memoria, ricordare solennemente.  
Ci ritroviamo così ogni anno, qui in chiesa al monumento ai caduti che nel tempo abbiamo imparato a riconoscere come uno spazio del “ricordo”. È qui che con il nostro impegno civile di comunità ogni anno proviamo a non dimenticare che una storia ci ha prodotti. Noi siamo eredi e figli della nostra storia fatta di migrazioni, di scelte, di sudori e sfinimenti, di sacrifici, di sangue versato e di patimenti. È in questo posto che rendiamo omaggio ai caduti di tutte le guerre, ed è qui che riallacciamo i fili della storia della nostra comunità. È qui che ci sforziamo di non dimenticare, perché è facile dimenticare. Dicono le nostre madri “ce vo’ ‘u delore pe’ chiangne”, come per dire che la comprensione passa per il dolore e questo ci deve far comprendere il dramma che è in ognuno di noi e nella umanità stessa. Le generazioni che non hanno vissuto la guerra, spesso hanno difficoltà a comprenderne il Male. Il nostro compito come istituzione, ma anche come padri ed educatori, è quello di guidare a questa comprensione. Qui, nei decenni passati, venivano madri e padri a cui erano stati tolti i figli, mogli senza più mariti, tutti uomini mandati al fronte, dove non c’erano scelte se non quelle di assaltare il nemico. Non si tornava indietro: “O la vittoria o la morte”. Oggi il nostro dovere è non perdere questi ricordi, non dimenticare quello che è stato fatto per arrivare a quello che siamo oggi, abbiamo il dovere di ricordare i fatti storici, per non perdere la rotta verso la quale siamo diretti: il bene del nostro paese. 
Questo luogo ci ricorda l’umana sventura, milioni di morti, i nostri e gli altrui. Nella prima guerra mondiale si contano 16 milioni di soldati circa, a cui sommare tre volte tanto i morti di febbre spagnola facilitati dalla guerra e dalle sue bugie. Questa pandemia fu chiamata “spagnola" perché furono i giornali liberi spagnoli a riportarne per primi la notizia, in quanto la Spagna non era coinvolta nella guerra. I paesi in guerra, chi per un periodo limitato chi per tutta la durata del conflitto, nascose la sua esistenza affermando che la malattia si era diffusa solo nel paese iberico accelerandone irresponsabilmente la diffusione nel resto dell’Europa. 
Furono ancora tanti i morti della seconda guerra mondiale: circa 68 milioni tra militari e civili. In poche parole nel mondo, nel giro di mezzo secolo è scomparsa la popolazione intera di due italie o di 1/4 dell’Europa attuale. 
Durante la prima guerra un ragazzo italiano scrisse in una lettera che la guerra era ingiusta, perché voluta da una minoranza di uomini i quali si approfittavano della ignoranza della grande massa del popolo, e per questo fu condannato a 1 anno e 10 mesi di reclusione militare per “insubordinazione” e “lettera denigratoria”.
L’Italia che è uscita da quelle guerre è stato un paese in ginocchio, nell’economia, nella ricchezza, nei rapporti tra le persone e nelle condizioni sanitarie. Fu una società che ha sofferto la fame, divisa nella politica e distrutta negli animi. Si scambiavano uomini e forza lavoro con sacchi di carbone (Belgio-Protocollo del 23 giugno 1946), si viveva ancora nell’arretratezza, milioni di uomini furono costretti a migrare, mentre chi rimaneva spesso tra gli stenti, i parassiti, i pidocchi, le zecche e altro, doveva lottare con mille difficoltà. Ma da quelle ceneri i nostri avi non persero lo spirito, seppero risorgere e pensare a un mondo migliore. Da quell’annullamento di umanità è nata l’economia europea e l’Europa nuova, unita e in pace. È quella Europa che oggi è alle corde. 
Quindi non possiamo non pensare a un rafforzamento dell’Area-Europa, fatto di paesi aperti e solidali, pronti a mettere mano alla politica comune internazionale per far fronte sia alle debolezze e ai capricci delle grandi potenze sia alle problematiche dei piccoli governi che non sono in grado di amministrare le risorse a loro disposizione. È fondamentale, oggi più che mai, che la politica sia concreta, fatta di scelte coraggiose in cui la forza, soprattutto quella armata, sia sotto il segno di un’unica intesa, in grado di assicurare la pace e la giustizia fra le Nazioni.
La realtà è che nel mondo ci sono oltre 300 conflitti, di cui più di 200 vengono combattuti violentemente e questi quasi tutti sono prodotti dalla scarsità di risorse e al sovraffollamento della Terra. Questi rischiano di far deflagrare i rapporti e gli equilibri mondiali. Ne è una testimonianza sia l’esodo dall’Asia e dall’Africa verso l’Europa, sia quello dall’America Latina verso l’America del Nord. Di cui oggi, in questi giorni, ne registriamo uno di proporzioni bibliche che sta avvenendo dall’Honduras verso l’America del Nord.
Sotto questo auspicio, oggi ci ritroviamo qui per dire grazie alle Forze Armate, e visto che il Presidente della repubblica, lo dice l’art. 87 della Costituzione, ha il comando delle Forze armate, in lui confidiamo quale garante delle scelte e delle azioni militari. Con ciò non dobbiamo dimenticare i nostri doveri. Non dobbiamo dimenticare l’art. 52 della Costituzione che ci dice “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”, non solo nei doveri militari ma anche in quelli civili in cui si è chiamati a rispettare i “diritti inviolabili dell’uomo, e assolvere al dovere inderogabile di solidarietà politica, economica e sociale,..”, dovere che figura tra i Principi fondamentali del nostro stare assieme.  
Quindi oggi, un sindaco, e ancora di più noi, per dovere di cittadini, non possiamo girare il volto dalla parte opposta ai problemi dell’uomo in crisi, e tantomeno lo può fare l’Europa che è nata proprio per superare le crisi del Novecento. Non possiamo in nessun modo negare di sapere e di vedere quanto succede intorno a noi, lasciando morire aree italiane sempre più abbandonate dalle istituzioni, altre abbandonate ai ricatti della malavita organizzata, altre ancora abbandonate ai pusher come se la sola economia possibile sia quella di un popolo alla deriva. 
Una società evoluta lo è non solo nella sua organizzazione economica e produttiva, lo deve essere anche e soprattutto nella società civile. I fallimenti dei sistemi umani derivano proprio da una cattiva organizzazione civile e morale. 
La nostra speranza è che queste giornate siano di rinvigorimento del senso della responsabilità civile, della presa di coscienza del valore che ha la storia nella nostra crescita e di rispetto per le Forza armate nel nostro Stato. 
Confortati così dal sentimento di difesa della nostra Terra, fortemente legati ad uno spirito di religiosità che sempre ha contraddistinto il fare del nostro popolo, ci auguriamo il miglioramento e il benessere dell’Uomo.  Pronti e aperti al confronto costruttivo e al dialogo nel rispetto dei DIRITTI e dei DOVERI, senza mai dimenticare che gli uni non possono esistere senza degli altri, alziamo in alto la voce gridando:

Viva Jelsi, Viva le Forze Armate, viva la Repubblica, viva l'Italia.