sabato 1 maggio 2021

Buccellatoanche pucellato o tortano o pigna, dal lat. buccella, ovvero boccone. 

Per gli antichi romani il buccellatum era un pane rotondo consumato dai legionari. Ne parla il Codex Iuris Civilis di Giustiniano, riferendo uno scritto del 360 dell’imperatore Costanzo. 

La prima notizia che si ha di questo dolce dopo la caduta dell'Impero romano, che ritroviamo con differenti ingredienti sia nella pasticceria lucchese sia in quella siciliana, è contenuta nel 'Libro delle scadenze' di Federico II: Quaternus excadenciarum, dove il buccellato, due per la precisione, è donato alla Curia da un feudatario di nome Randisio che aveva le terre a Cercemaggiore e a Jelsi nell'attuale Molise, allora Capitanata. Dava per le scadenze di Cercia «… dodici denari, a Natale una spalla di maiale, una coppia di  buccellati, e un lavoro di mietitura.» Il documento risale all’anno 1249.

Il dolce è sopravvissuto nel tempo, cambiando il contenuto ma non la forma circolare. Nel suo libro "Jelsi e il suo territorio" (1953), Vincenzo D'Amico riporta che «Nella ricorrenza festiva di S. Biase [3 febbraio a Jelsi] vengono portati in Chiesa grosse ciambelle di pane (piccillatë) che vanno poi distribuite ai divoti.» Questa tradizione oramai scomparsa si associa a quella milanese, patria del più amato dolce natalizio italiano, in cui nel giorno del Santo di Sebaste si usa mangiare l'ultimo panettone della stagione.

Oggi questo dolce chiamato in dialetto pëccëllatë è prodotto ancora nei forni familiari e semi industriali di Jelsi ed è diventato il dolce tipico di Pasqua. 

Notiamo così come la tradizione si rinnova e si traspone nel tempo.