domenica 26 giugno 2016

Gli Inglesi si pentiranno del "leave"?




Ho da sempre creduto nella EU, da quando è nata. E devo  confessare che conoscendo in parte il popolo britannico il suo voto "leave" (uscita), per non far parte della EU, non mi stupisce per tante ragioni. Soprattutto, gli Inglesi sono un popolo che ha un forte senso di appartenenza alla propria isola, alle proprie tradizioni e alla propria cultura. Gli Inglesi sono legati a riti e a modi di fare e di pensare che li rende unici e "vittime" del loro stesso modo di esistere. Sono poco propensi a mettere in discussione le loro regole. Hanno da sempre dominato il mondo, rendendolo anche meglio, ma sono rimasti sempre legati alla loro isola, alla loro idea di Terra: luogo lontano, ordinato secondo strutture fisiche e mentali, di cui la lingua ne è lo specchio rivelatore. L'inglese di Oxford e Cambridge non subisce forti contaminazioni da millenni. Al contrario degli Americani, non hanno mai sopportato l'idea di aprirsi ad altre culture se non da padroni, men che meno ad una cultura europea dove l'azione politica e quella umana sono da considerarsi alla pari. Hanno accettato di fare mercato con il resto dell'Europa mettendo a disposizione la loro Terra ma solo per far sì che crescesse quel modello economico che, assieme all'America, all'indomani della fine della seconda guerra, era stato messo in atto ed era stato riconfermato e potenziato durante la guerra fredda. Un modello che è stato messo in discussione con la rottura delle barriere a Est che, contemporaneamente all'ingrandirsi dell'Europa, è stato sostituito da un modello internazionale legato ad un'economia basata prima di tutto sulla finanza. C'era da aspettarselo che gli Inglesi primo o poi uscissero dall'UE,  la non adesione all'euro ne è stato un altro segno. Già da allora gli Inglesi non si fidavano di un sistema monetario dove la loro moneta fosse cambiata da un'istituzione finanziaria che non sarebbe stata la loro e solo la loro. La sterlina non poteva essere contrappesata da una moneta senza radici, da qualcosa che andasse oltre il loro pensiero "pesante" legato alla propria tradizione. Se analizziamo bene, quelli che dissero no all'euro, sono gli stessi inglesi che oggi hanno votato no al "remain",  e questa scelta in molti casi l'hanno motivata come una scelta fatta per il bene delle future generazioni. Si ha l'impressione che il risultato di questo ultimo referendum altro non è che l'espressione di un carattere legato più a una questione antropologica che a una convinzione razionale. È difficile capire le ragioni di chi ha votato per lo strappo dall'EU, quando viene giustificato che è stato fatto per il bene delle future generazioni e quando i giovani erano d'accordo per rimanere in Europa. Mi sorge il dubbio, non è che quel carattere un po'inglese di prendere per il guinzaglio i cagnolini sciolti e di pretendere da essi la caccia alla volpe, stavolta non abbia funzionato, e che quel giochino fatto da Cameron quando, appena dopo il referendum sull'indipendenza della Scozia nel 2014, diceva: "A Londra troppi italiani fermateli o lasceremo l'UE", pensando di ricattare le autorità europee attraverso la debole Italia, si sia ritorto contro?
Penso che con quest'ultimo referendum, la popolazione di sua Maestà si sia persa l'occasione per creare assieme a noi Europei una nuova realtà geo-politica e che ciò, paradossalmente, stia stimolando il rinnovamento di quell'architettura della EU, la quale può essere la sola realtà in grado di superare la confusione e l'annientamento di un'area nel passato teatro di grandi conflitti: un'istituzione pacifica in grado di competere con un mondo in evoluzione.
Gli Inglesi con calma usciranno dall'Europa così come vi sono entrati, senza troppi benefici ma anche senza danni.  Non hanno mai voluto rischiare tanto e poco intascheranno. Rimarranno sempre nella loro isola e ci meraviglieremo,  andandoli a trovare, della tanta diversità. Forse andremo a studiare le lingue nelle loro università per il gusto di dire che sappiamo parlare un buon inglese, ma se vogliamo fare poco gli esibizionisti e più economia ci basta imparare l'inglese di Malta o quello americano.  Ci ritroveremo con giovani inglesi un po' rammaricati e un po' invidiosi di non far parte di una realtà europea. Gruppi di Hooligans possono venire a fare baccano nelle nostre città e forse dovremo sopportarli e comprenderli come quelli olandesi. Faremo una gita a Londra per Natale e una sul Tamigi, se ce lo permetteranno, e così via. Una cosa è certa, nonostante le paure e le incertezze nell'amministrare la Casa comune europea, nonostante le pressioni e le pretese dei Tedeschi, nonostante i pensieri nazionalisti di paesi entrati dopo di noi e dei Francesi e nonostante tutti i caratteri residuali degli altri popoli europei, rispetto a una dimensione nuova e viva, quella di creare una forte unione di popoli rimane l'unica grande realtà che non può morire, in un mondo problematico di per sé,  anche a dispetto di gruppi di isolazionisti, di persone poco informate, di politici speculatori e di facinorosi.
Inoltre mi chiedo, a conclusione di questi miei pensieri, non è che gli Inglesi già si sono pentiti di quello che hanno fatto?